Proviamo a fare un piccolo test: leggete queste affermazioni pensando a vostro figlio:

  • Incontra difficoltà a concentrare l’attenzione sui dettagli o compie errori di negligenza.
  • Ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti e sui giochi in cui è impegnato.
  • Quando gli si parla sembra non ascoltare.
  • Da seduto giocherella con le mani o con i piedi o non sta fermo o si dimena.
  • Non riesce a restare seduto.

Avete annuito ad almeno una di queste frasi, vero?

Bene, queste affermazioni sono utilizzate in fase diagnostica per valutare se un bambino ha un Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI), più conosciuto come ADHD.

L’ADHD è definito come un disturbo dell’autocontrollo che provoca disadattamento e che contrasta con il livello di sviluppo. Esso include:

1) difficoltà di attenzione e concentrazione : spesso il bambino fallisce nel prestare attenzione ai dettagli o compie errori di inattenzione nei compiti a scuola, nel lavoro o in altre attività; ha difficoltà nel sostenere l’attenzione nei compiti o in attività di gioco; sembra non ascoltare quando gli si parla direttamente; spesso non segue completamente le istruzioni e incontra difficoltà nel terminare i compiti di scuola, lavori domestici o mansioni nel lavoro (non dovute a comportamento oppositivo o a difficoltà di comprensione); ha difficoltà ad organizzare compiti o attività varie; spesso evita, prova avversione o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale sostenuto (es. compiti a casa o a scuola); spesso perde materiale necessario per compiti o altre attività (es. giocattoli, compiti assegnati, matite, libri, ecc.); spesso è facilmente distratto da stimoli esterni; spesso è sbadato nelle attività quotidiane.

  1. II) difficoltà di controllo degli impulsi : spesso “spara” delle risposte prima che venga completata la domanda; spesso ha difficoltà ad aspettare il proprio turno; spesso interrompe o si comporta in modo invadente verso gli altri (es. irrompe nei giochi o nelle conversazioni degli altri).

III) difficoltà del livello di attività: spesso muove le mani o i piedi o si agita nella seggiola; spesso si alza in classe o in altre situazioni dove ci si aspetta che rimanga seduto; spesso corre in giro o si arrampica eccessivamente in situazioni in cui non è appropriato (in adolescenti e adulti può essere limitato ad una sensazione soggettiva di irrequietezza); ha difficoltà a giocare o ad impegnarsi in attività tranquille in modo quieto; è continuamente “in marcia” o agisce come se fosse “spinto da un motorino”; spesso parla eccessivamente

Il breve test che avete fatto non deve però farvi spaventare, ma solo farvi riflettere su un aspetto molto importante. Non ci si può limitare a spuntare queste voci per valutare se un bambino ha o no il deficit ADHD, poiché spesso accade che i bambini attraversino fasi dello sviluppo o momenti particolari della vita in cui sono più disattenti o iperattivi. La diagnosi di ADHD deve essere fatta da uno specialista (Neuropsichiatra Infantile o Psicologo specializzato), che effettua diverse valutazioni prima di diagnosticare o meno un bambino come ADHD.

Psicologi, neuropsichiatri e neurologi hanno talvolta idee diverse sul miglior trattamento in caso di diagnosi di ADHD: c’è chi propende per il trattamento farmacologico in accompagnamento al percorso psicologico e chi, all’estremo opposto, sostiene che non esistano evidenze scientifiche riguardo alla diagnosi di ADHD e che si tratti solo di un costrutto culturale.

E’ importante quindi affidarsi a persone competenti per poter individuare al meglio le cause che portano il bambino a mettere in atto una serie di comportamenti e capire quale sia il reale problema del bambino e del suo nucleo familiare.

Ciò che spesso si rileva nei bambini che manifestano un deficit di attenzione o una spiccata attività, è che si tratta di bambini e ragazzi che spesso stanno attraversando momenti difficili o situazioni relazionali complesse con i pari o gli adulti significativi. In molti casi sono presenti anche problematiche riguardanti le relazioni familiari, quali la forte conflittualità tra i genitori, la gestione di situazioni stressanti e dolorose o di eventi critici del ciclo di vita.

Per la cura e la promozione del benessere del bambino è importante prevedere il coinvolgimento di tutta la famiglia, partendo dal presupposto che il bambino con il suo comportamento sta comunicando agli adulti in modo coerente al suo contesto famigliare. Quello stesso comportamento può avere un senso, e spesso è un tentativo di soluzione ad un momento difficile che si sta vivendo.