“Il maestro non c’era ancora, e tre o quattro ragazzi tormentavano il povero Crossi, quello coi capelli rossi, che ha un braccio morto, e sua madre vende erbaggi. Lo stuzzicavano colle righe, gli buttavano in faccia delle scorze di castagne e gli davan dello storpio e del mostro, contraffacendolo, col suo braccio al collo. Ed egli tutto solo in fondo al banco, smorto, stava a sentire, guardando ora l’uno ora l’altro con gli occhi supplichevoli, perché lo lasciassero stare. Ma gli altri sempre più lo sbeffavano, ed egli cominciò a tremare e a farsi rosso dalla rabbia. A un tratto Franti, quella brutta faccia, salì sur un banco, e facendo mostra di portar due cesti sulle braccia, scimmiottò la mamma di Crossi, quando veniva a aspettare il figliuolo alla porta, perché ora è malata. Molti si misero a ridere forte”.

In queste righe Edmondo De Amicis descrive Franti: il bullo del libro “Cuore”.

 

Il bullismo è un fenomeno di origine antica, largamente diffuso in ambito scolastico, che però solo recentemente ha ricevuto particolare attenzione. La definizione che ne dà Dan Olweus, uno dei maggiori studiosi di questo fenomeno, è la seguente: “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, ad azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni.”

Il bullismo comprende vari comportamenti: il bullismo fisico (percosse, atti violenti e lesivi, ecc), quello verbale (insulti, denigrazioni, ecc) e il bullismo relazionale (isolamento, manipolazione ecc).
Nel momento in cui il bullismo non viene riconosciuto e affrontato, rimane la possibilità che causi disagio e sofferenza non solo nel bambino vittima ma anche nel bambino prevaricatore, che presenta a sua volta elementi di fragilità e di criticità, diversi da quelli della vittima.

Nella maggior parte dei casi di bullismo, infatti, ci si concentra sul bambino che ha subito l’aggressione ma altrettanto importante è dedicarsi al “bullo”  perché spesso dietro un atto di bullismo, ci sono messaggi comunicativi importanti, sofferenza e difficoltà relazionali che vanno individuate e risolte.

 

Spesso nei genitori nascono preoccupazioni inerenti al rendimento scolastico, all’autostima, all’integrazione sociale, alla devianza, al futuro dei figli e al loro benessere in generale.

Ma come si deve comportare un genitore di un bambino vittima di bullismo? E un genitore di un bambino bullo?

Purtroppo non c’è una risposta univoca, perché ogni caso è unico ed occorre fare attenzione al bambino, che sia il bullo o la vittima e alle dinamiche relazionali nel quale è inserito. Da un lato è fondamentale proteggere il bambino vittima di atti di bullismo e aiutarlo nel superare il difficile momento attivando le risorse che possiede; dall’altro lato è importante evitare di etichettare in modo marcatamente negativo e immodificabile il comportamento del bullo e cercare di “leggerlo” come conseguenza di un disagio psicologico.

Diventa quindi di grande rilevanza mettere in atto un lavoro di collaborazione tra la famiglia, la scuola e gli operatori del sociale, come psicologi e assistenti sociali.